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Recentemente ho condiviso il report che ho realizzato a seguito dei miei approfondimenti sul mercato californiano dove sono stata per qualche mese: un confronto tra California e Italia in termini di comunicazione sul quale ho lavorato con il professore del College di Napa Paul Wagner a lungo. Il report è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Wine Business Monthly, permanentemente disponibile nella sezione Press Release di questo blog (basta scorrere e cercare il logo qui su condiviso): lì lo trovate in lingua originale quindi, chiaramente in inglese.

Ecco, invece, la traduzione in italiano:

 

Cosa può imparare un viticoltore californiano dalla sua controparte italiana? Cosa, l’Italia può imparare dalle tipiche sale di degustazione e dalle tecniche di degustazione del diffuse in California?

Come ha osservato Sasha Paulsen, editore del quotidiano Napa Valley Register: “Sappiamo tutti che che i legami che legano la Napa Valley e l’Italia sono forti “. Piero Antinori, uno dei i più importanti e visionari produttori italiani, ha deciso di investire a Napa per migliorare la correlazione tra questi 2 importanti paesi produttori di vino. Glenn Salva, direttore generale di “Antica” (ANTinori-CAlifornia) ha sottolineato l’importanza dello scambio tra le 2 culture. Succede ogni giorno ad Antica dove due filosofie diverse si incontrano e crescono.

  • Che cosa l’Italia può imparare da California

Per gli italiani, il primo impatto per gli italiani che si ritrovano in California è vedere come le cantine cooperano bene tra di loro; dall’elegante e lussuoso Opus One al produttore di massa Barefoot Cellars. Uno spirito di collaborazione usato non solo per parlare al cliente ma anche per ascoltarlo, cosa che raramente accade in Italia. E’ risaputo che la comunicazione, per essere efficace, deve essere una strada a doppio senso, ma spesso, in Italia, viaggia a senso unico: dalla cantina al pubblico. Troppo spesso, inoltre, la comunicazione è profondamente tecnica e, di conseguenza, noiosa.

In California, è chiaro a tutti che il pubblico ama ascoltare storie da raccontare agli amici, piuttosto che i minerali contenuti nel terreno in cui è stata coltivata l’uva. Forse ciò che californiani hanno capito meglio è come costruire turismo del vino e un marketing direct-to-consumer di successo. In California, il vino non è venduto solo come prodotto, ma come un’esperienza.

In alcune cantine, il turista a Napa Valley può creare la propria miscela con l’aiuto di un enologo, partecipare a una degustazione educativa tra le botti che comprende una degustazione di campione di vino prelevato direttamente dalle botti in cui sta affinando, fare un picnic tra le vigne e altro ancora. In sostanza, hanno la possibilità di vivere un’esperienza unica che permette loro di avere una grande storia da raccontare ai loro amici. I clienti amano questo genere di esperienze, dare uno sguardo dietro le quinte, e così diventano fan di una cantina per tutta la vita.

La seconda forza della Napa Valley è la grande organizzazione e una ospitalità molto ben organizzata e professionale. Prima di arrivare in loco, è facile prenotare gli appuntamenti di degustazione per mezzo di portali efficienti di riferimento; costruire itinerari personalizzati con l’aiuto di un consulente e trovare mezzi di trasporto. Esistono dei centri per visitatori visibili e facilmente raggiungibili. Una volta qui o nelle cantine il personale dedicato all’ospitalità è al tempo stesso professionale e informale, facendo sentire il turista a suo agio e speciale. Al contrario l’Italia continua a non investire a sufficienza in fatto di ospitalità.

  • Cosa California può imparare da Italia?

Ma c’è un limite a questo modello? Certamente singoli i consumatori si evolvono, come fa il mercato nel suo complesso. Gli esperti di marketing e comunicazione, così come i produttori californiani stessi, stanno già lavorando su nuove idee. C’è qualcosa che si può imparare dall ‘Italia?

Probabilmente l’educazione all’abbinamento cibo-vino è qualcosa che gli italiani fanno moto bene. In California si è creato un bel fermento intorno al buon cibo sia in termini di gusto che di salute, portando ad una maggiore attenzione alla selezione dei prodotti. Ma hanno bisogno di aiuto e guardano al modello italiano. In Italia questo non è una novità: fa già parte della nostra cultura, una cultura che include il “buon vivere”, buon cibo e buon vino. L’abbinamento vino-cibo è spesso previsto sulle etichette dei vini stessi ed è diventato il tema di incontri e seminari. In Italia quando qualcuno descrive un vino in TV, on-line, su giornali o riviste, o sulle schede tecniche dei prodotti dalle cantine, c’è sempre un riferimento all’abbinamento perfetto. Per non parlare dei menù degustazione: Menù che prevedono da 4 a 10 portate, ciascuna con l’abbinamento perfetto di un calice di vino scelto  da sommelier e chef. Questo potrebbe essere un nuovo modello da diffondere maggiormente in California; pratica molto diffusa in Italia sia nei ristoranti più importanti sia in quelli casual. Questo fa capire come il vino sia parte della vita quotidiana del consumatore italiano.

L’abbinamento cibo-vino dovrebbe essere una prerogativa non solo dei ristoranti ma anche delle cantine stesse che dovrebbero offrire abbinamenti o anche corsi e appuntamenti per educare i propri clienti, offrendo una degustazione dei loro vini abbinati a ricette semplici, anche Finger Food potrebbe rendere più semplice ed informale la costruzione di una personalità dei vini californiani.

  • Fasce di prezzo e i giovani

Un altro dei motivi per cui il vino italiano è così popolare in tutto il mondo è legato ai prezzi che lo rendono accessibile anche ai più giovani. Nonostante i dibattiti a tal proposito, i vini italiani sono noti per avere un ottimo rapporto qualità-prezzo. Fatta eccezione per “Super Tuscans” o alcuni vini prodotti in determinate regioni, è possibile bere grande vino per molto meno di 10 euro; ancora, per meno di 30 euro si possono trovare vini di eccellenza, riserve particolari o di aziende storiche. Questo aspetto diventa cruciale se si vogliono attirare i giovani. Ci sono un sacco di discussioni nei media americani su come soddisfare i ragazzi ma ecco alcune semplici osservazioni. Un semplice esempio: in California il tempo è abbastanza caldo ma il diffusissimo Cabernet è un vino rosso importante, strutturato e non si può bere in qualsiasi momento dell’anno o della giornata.

Tormaresca, nota cantina nel sud d’Italia ha avuto lo stesso problema nel periodo estivo quando i consumatori italiani preferiscono i bianchi o i rosati a causa delle temperature limitando, tra l’altro, gli abbinamenti a pesce, aperitivi e simili. Così l’azienda ha prodotto “Fichimori”: vino rosso semplice da servire fresco che ha avuto molto successo.

Un altro modo per raggiungere i giovani consumatori è quello di promuovere i vini in abbinamento alla cucina internazionale:  sushi, pizza italiana e la pasta, il cibo spagnolo, francese e così via. La nuova generazione ama sperimentare diversi gusti e provare nuove cucine. Perché non abbinare i vini ai cibi etnici?

Molte aziende vinicole californiane promuovono il vino esclusivamente come un prodotto di prestigio, elegante: anche se questo può funzionare per molti dei marchi di culto, non funziona per la maggioranza delle cantine che -invece- potrebbe pensare a promuovere il vino come elemento più sociale, in grado di completare la serata e la tavola anche in abbinamento a piatti nuovi ed entusiasmanti.

  • L’essenza di Vino Italiano

Infine e non per importanza lo stile italiano è un elemento chiave per la nostra cultura e i nostri vini. Ogni cantina, ogni vino ha uno stile diverso, un carattere unico, perché dietro quel vino c’è una famiglia, una tradizione con profonde radici e diverse influenze storiche e culturali. E in Italia, esprimiamo tutto questo in tutto ciò che facciamo. Questa attenzione alla bellezza e allo stile si riflette nel mondo del vino italiano. In Italia troviamo cantine con affreschi antichi, cantine sotterranee, castelli che sono diventati luoghi sacri di invecchiamento dei rossi, ville storiche e così via.

Troppo spesso in California quando si visita una cantina, ci si può divertire ma la maggior parte dei tour è impersonale. A volte si fa parte di un grande gruppo o il tour diventa palesemente il modo per vendere più vino; spesso si entra in sale di degustazione affollate dove non si vive sempre un’esperienza unica. Quando si visita un’azienda vinicola italiana ci si sente nel posto migliore del mondo; il personale è rilassato e dedicato, pronto a rispondere a ogni domanda, ti mostrano gli angoli più nascosti della cantina, senza spingere all’acquisto e in alcuni casi senza nemmeno chiedere una quota per il tour.

Questa attenzione alla bellezza e allo stile è ovunque nel mondo del vino italiano. Da cantine a enoteche, dai ristoranti ai wine bar: c’è una maniacale attenzione per dettagli ed elementi di design e merchandising. L’esempio più lampante è la fiera Vinitaly, uno degli eventi più importanti per la promozione del vino nel mondo (che si tiene ogni primavera a Verona). Qui ogni spazio è studiato in termini di originalità ed eleganza. Gli stand delle aziende diventano templi di gusto e raffinatezza. Si tratta di un potente strumento per comunicare l’essenza della cantina. Ogni spazio comunica il suo stile e la propria brand identity. L’obiettivo è complesso: lo stand espositivo deve apparire caldo e accogliente, ma anche formale ed elegante. Deve essere sofisticato nel comunicare una filosofia, l’immagine oltre il vino stesso. In Italia, questa è una esperienza culturale, un approccio estetico al vino e ai suoi abbinamenti.

La California ha bisogno di costruire la propria personalità, non solo attraverso una produzione di qualità ma anche nella sua immagine e, in particolare, ogni cantina deve costruire il suo stile proprio. Non è facile, perché in Italia è insito nella nostra storia e nelle tradizione di ogni famiglia.

Questa è l’essenza di ciò che facciamo bene in Italia. Abbiamo ancora molto da imparare ma anche tanto  da insegnare ai paesi fuori confine.

 

 

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