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Sembrava come se lo scaffale della libreria, quello dedicato ai libri su vino e cucina, fosse diviso in due: “vecchio” e nuovo, vintage e moderno e le copertine stesse ne erano immagine rappresentativa grazie allo straordinario successo di programmi televisivi e del – certamente moderno – food photography. Ma io ho scelto subito il mio preferito: il lato di coloro che hanno studiato e accumulato anni di esperienza in silenzio ed è ancora su questo che puntano senza i fronzoli o gli eccessi in cui spesso sfocia la contemporaneità; io ero lì a sfogliare i libri di Lejla Mancusi Sorrentino abile tessitrice del tanto amato Storytelling, che posseggo con orgoglio, oppure la densa guida di approccio al vino di Slow Food, per poi scegliere “La cucina napoletana” di Luciano Pignataro.

Perché non è un libro di cucina, è un libro che ti spiega Napoli per mezzo della cucina.

Perché la cucina è talmente parte di una cultura che insegna più di tanti e politicizzati racconti.

Perché la “La cucina napoletana” di Pignataro – come già scrivevo – arriva dritto al lettore e, allo stesso tempo, dritto all’anima di Napoli.

Perché quando si viaggia sono inevitabilmente necessarie le guide “tecniche” con mappe e indirizzi ma sarebbe opportuno integrarle con letture come questa!

Perché basta solo l’introduzione per convincersi ad acquistarlo, per chi vuole capire Napoli e innamorarsene definitivamente!

Perché non sono mere ricette per casalinghe annoiate ma racconti della storia dei piatti, dei termini e delle usanze.

“Tanto per cominciare” si dice zucchine o zucchini? […] Se vi suggeriscono qualcosa con le zucchine diffidate, quella ‘e’ finale tradisce l’ansia di scegliere la voce italiana più diffusa […] rivela piagnistei meridionalistici sublimati nel ripudio delle proprie radici. Meglio […] ‘cucuzzielli’? Attenzione, è arrogante, gronda prosopopea. […] Spaghetti con gli zucchini, allora? Ebbene sì”

Perché Napoli, se la capisci, prima o poi te ne innamori!

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