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Il tema dell’indipendenza non è nuovo alla Catalogna e la Catalogna non è nuova al panorama vitivinicolo mondiale con diverse produzioni di grande interesse. Tra queste il noto Cava, lo spumante spagnolo prodotto con Metodo Classico e, a differenza di molti noti spumanti Metodo Classico nel mondo, il Cava è prodotto principalmente da uve locali. Le tre uve principali sono Macabeo che spesso arriva a coprire il 50% e più, Xarel-lo che ne determina spesso il carattere distintivo e Parellada.

Ma la domanda è: quali rischi corre il Cava data la difficile situazione politica di questi mesi?

  • Cava: cenni storici

Si tratta di un prodotto nato a fine ‘800 sulla scia dello Champagne ma a seguito dei danni causati dalla fillossera e la conseguente necessità di  reinvestire nella produzione viticola, si decide di ripartire con le uve locali e man mano si va a delineare la sua collocazione sul mercato: un prodotto di buon qualità ma a prezzo conveniente. È così che gli spagnoli investono in numerose innovazioni  che potessero consentire di ridurre i costi di produzione per offrire prezzi vantaggiosi. [Tra queste ricordiamo, in particolare, il sistema di remuage meccanizzato per mezzo di giropallette (operazione cruciale nella produzione di spumante metodo Classico e precedentemente svolta esclusivamente a mano, bottiglia per bottiglia); un sistema oggi utilizzato in tutto il mondo, anche in Champagne].

  • Cava: il mercato, cenni

Ecco che il Cava esplode innanzitutto sul mercato spagnolo e poi all’estero, in particolare in Germania ma anche nei paesi ricordati con l’acronimo PIGS (Portogallo, Italia, Gran Bretagna oltre che Spagna appunto), grazie ad un rapporto qualità-prezzo competitivo. Un successo che dagli anni 80 (anche grazie alla nascita della denominazione di origine, nel 1986) al 2010 ha fatto registrare un incremento dei numeri legati ad esportazioni e numero di produttori di notevole interesse; ma questo trend si arresta a partire dal 2010/2011 anche a causa del boom del Prosecco che col suo Metodo Charmat (più rapido ed economico) e il suo gusto immediato prende il sopravvento nei mercati più importanti come, ad esempio, il Regno Unito dove continuerà a crescere fino al 2020, previsioni IWSR alla mano. D’altra parte se uno dei 2 giganti del Cava, l’azienda spagnola Freixenet, ha inserito nel 2016 un Prosecco nella sua linea, c’è poco da aggiungere.

  • Cava: gli investimenti in corso

Ecco che, allora, si sta correndo ai ripari per recuperare gli sbagli fatti in questi anni. Anni in cui ci si è forse “cullati sugli allori”, senza investire in quella che è l’identità territoriale (il Cava non ha avuto una zona di produzione ben delimitata fino a quando non ne è stata imposta la delimitazione dall’Unione Europea e che comunque resta molto molto estesa anche se il 95% della produzione si concentra in Catalogna); nè, tanto meno, nella comunicazione al punto che “Cava” è ancora troppo spesso sinonimo di “prodotto commerciale, economico” anche a causa dell’operato di qualche grosso brand che ha contribuito a diffondere un prodotto piuttosto anonimo. Ecco che in questi anni si è deciso di lanciare una nuova classificazione: Cava de Paraje Calificado con regole più restrittive sulla resa in vigna, la permanenza sui lieviti e così via e soprattutto che prevede la provenienza da singolo vigneto. Una designazione che dovrebbe comunicare le potenzialità identitarie e di qualità del Cava. Certo non sarà la salvezza ma è un passo importante verso il recupero di una denominazione che ha tutte le potenzialità per eccellere.

  • Cava: sfide politiche e boicottaggio

Peccato però che il Cava si troverà a subire una nuova sfida politica legata alla tanto desiderata indipendenza della Catalogna che non è una novità e che, già in passato, ha dimostrato di avere effetti negativi sul consumo del Cava. Sì perché esiste la teoria del boicottaggio che pare avere un’influenza diretta sui consumi del Cava. Infatti è stato condotto uno studio scientifico basato sulla teoria secondo cui arrecando danno all’economia dell’area catalana (agendo su un prodotto così importante come il Cava) si possa fare maggiore pressione politica. Lo studio si è basato sull’osservazione dei dati conseguenti ad un’operazione di boicottaggio avvenuta tra il 2005 e il 2006 (quando fu approvato lo statuto di autonomia della Catalogna), dimostrata osservando l’impennata, solo in questo periodo, di articoli di carattere molto critico nei confronti del Cava. Studi del genere non sono una novità: sono stati condotti in diversi Stati e diverse occasioni ma si è sempre trattato di studi su scala internazionale, cioè il boicottaggio veniva attuato nei confronti di prodotti stranieri; in questo caso invece si trattò di un’operazione interna. I dati aggregati dello studio dimostravano che, apparentemente, non ci fosse un effetto così diretto tra il boicottaggio e il calo di consumo del Cava ma, in realtà, questo accadeva perché – al contempo – i Catalani avevano aumentato il consumo di prodotti locali, andando a creare una compensazione. Mentre, dividendo la Spagna in sotto-zone si osservava un calo importante soprattutto nella zona sud del paese e sulla costa est.

Sulla base di questa esperienza purtroppo si teme una nuova ondata di questa portata che andrebbe a complicare una situazione già abbastanza delicata se si pensa che, nel frattempo, alcune aziende hanno già pensato di lasciare la DO Cava (non sentendosi più rappresentati da questa) nonché di lasciare la Catalogna stessa, cambiando sede (legale almeno) per non rischiare il proprio business sulla base dei critici meccanismi politici in corso.

Staremo a vedere!

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