“La valle del gigante bianco” è il principale evento dedicato alla nota e pregiata razza chianina organizzato dall’Associazione Amici della Chianina in collaborazione con il comune di Sinalunga e il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appenino Centrale. Una rassegna particolarmente ricca che si prefigge, non solo di valorizzare un prodotto celebre in Italia e all’estero ma anche di collocarlo nel suo percorso storico che lo lega a questo territorio con fulcro a Bettolle (SI).
25-27 maggio, 1-3 giugno le date che, in questa XIV edizione, sono state dedicate alla scoperta e alla degustazione di un’eccellenza territoriale proponendo rievocazioni storiche, visite agli allevamenti, percorsi ciclo-turistici, convegni e degustazioni di vario genere. Giovanni Corti, presidente dell’ammirevole associazione “Amici della chianina” spiega: si tratta di una manifestazione volta a “valorizzare la chianina come motore per lo sviluppo socio-economico dell’intero territorio collegandosi a tanti settori: quello eno-gastronomico, quello rurale-agricolo se si pensa a produttori e allevatori, quello culturale legato alla storia e quello turistico”.
Ma quanto ne sappiamo davvero sulla chianina?
Grazie all’educational tour chianina IGP organizzato quest’anno ho avuto modo di approfondire tutti gli aspetti legati a questa pregiata carne. Eccone i tratti maggiormente rilevanti a partire dagli aspetti più elementari.
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Perché “chianina”?
Questa è la più facile ma per chi fosse meno avvezzo: il termine chianina deriva dalla Val di Chiana, area in cui da sempre è allevata. La Val di Chiana, citata già da Plinio il Vecchio, oggi si estende nelle prov. di Siena e Arezzo, lambendo quelle di Perugia e Terni.
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Perché Bettolle?
Bettolle, in provincia di Siena, è la patria storica della chianina che ha dato i natali al prof. Marchi considerato “padre” della chianina e primo studioso di questa razza al quale si deve il miglioramento genetico che da animale da lavoro ha reso la chianina animale da carne e proprio qui a Bettolle ebbe inizio, negli anni ‘30, la selezione moderna ad opera del prof. Giuliani.
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Perchè Consorzio di Tutela del “Vitellone bianco dell’Appennino centrale”?
La carne chianina è tutelata dal marchio IGP “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” (marchio europeo per il riconoscimento e la protezione dei prodotti agroalimentari di pregio, strettamente legato alla zona di origine e produzione) tutelato e promosso dal relativo Consorzio. Nello specifico:
- “Vitellone” in riferimento all’età degli animali: si tratta di bovini da carne di età compresa tra i 12 e i 24 mesi identificati, appunto, come vitelloni
- “Bianco” perché questa razza si caratterizza proprio per il mantello bianco
- “Appennino centrale”: rappresenta l’indicazione di origine dove tradizionalmente sono allevate le tre razze incluse e protette dal Consorzio: Chianina, Marchigiana e Romagnola
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La razza chianina: CURIOSITÀ
Razza autoctona già raffigurata nei graffiti delle caverne preistoriche. Risulta presente in Italia da oltre 2500 anni, molto apprezzata da Etruschi e Romani che, grazie al candido manto bianco, la usavano nei cortei trionfali e per i sacrifici alle divinità. Oggi è presente in Toscana, Umbria, alto Lazio e in misura minore, in altre regioni. Probabilmente la più antica razza bovina ad essere allevata nella penisola.
Si riconosce da:
- manto bianco-porcellana
- pigmentazione nera del musello e della lingua
- dalla testa leggera ed elegante con corna brevi dirette ai lati
- probabilmente è il bovino più grande del mondo! (un toro adulto può raggiungere i 2 m di altezza al garrese e superare i 17 quintali di peso). Infatti è caratterizzata da: tronco lungo e cilindrico con dorso e lombi larghi e dagli arti più lunghi delle altre razze
Tra le razze tutelate dal consorzio è forse quella che gode di un’immagine più nobile ed affermata grazie alla fama che si è saputa conquistare con il mito gastronomico della “fiorentina”.
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Perché diciamo “bistecca”?
La storia si tramanda da Firenze e vuole che in occasione delle Festa di San Lorenzo, che iniziò a tenersi a Firenze il 10 agosto 1565, si arrostivano carni (che fino ad allora si chiamavano carbonate, proprio perché cotte sui carboni). Essendo allora fiorente il commercio tra Toscana e Inghilterra diversi inglesi si trovarono in zona e sentendo un ottimo odore di arrosto accorrevano gridando “beefsteak!” e questo grido pare sia stato italianizzato in “bistecca”.
Il temine è stato ufficializzato da Artusi che nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” la definisce: “Bistecca alla fiorentina. Da beef-steak, parola inglese che vale costola di bue, è derivato il nome della nostra bistecca, la quale non è altro che una braciuola con suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella”.
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Come riconoscerla:
La carne presenta queste caratteristiche:
- colore rosso vivo
- grana serrata e consistente, contemporaneamente soda ed elastica al tocco
- piccoli filetti di grasso (bianchi o leggermente biancastri)
- spessore esteriore del grasso di colore bianco o giallo chiaro
- periodo ottimale di frollatura*: da un minimo di 10 giorni da disciplinare (per alcuni tagli) anche se spesso le macellerie frollano almeno 20-25 giorni
*(processo di maturazione biochimica interna alla carne che la rende più morbida e saporita che avviene mantenendo la carne per un periodo più o meno lungo, a seconda della razza e altri fattori, in ambiente sterile. Questo perché dopo che l’animale è stato abbattuto la carne è rigida a causa del “rigor mortis”)
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Si dice “vacca o mucca”?
La vacca è la femmina, generalmente da latte, macellata a fine carriera. “Mucca” deriva da una contrazione di “muggito” (il verso) e “vacca” ed è oggi un termine (da poco) accettato nel linguaggio comune anche con riferimento ad una razza svizzera ma il termine è errato in campo zootecnico.
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In cucina (regole generali)
Come valorizzare la carne acquistata per evitare che poi venga data la colpa alla razza o alla qualità della carne che ci hanno venduto? Grazie allo chef Massimo Infarinati abbiamo scoperto anche qualche trucco.
Le regole sono di carattere piuttosto generale e non valgono solo per la chianina.
- Tenerla fuori dal frigo prima di procedere alla cottura
- Cuocere a fuoco alto (o piastra bollente) al fine di sigillarla ed evitare di perdere liquidi
- Al contrario di quanto si pensi, serve attendere qualche istante prima di consumarla dopo la cottura
NB il grande imputato del barbecue è (solo) il processo di carbonizzazione, in parole molto povere le parti carbonizzate quindi nere-nere da non confondere con le striature che virano sul “marroncino” e sono semplicemente dovute alla “caramellizzazione delle proteine” (detto grossolanamente).