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In occasione di un recente incontro rubato alla vendemmia e alla raccolta delle olive, io ho raccolto le considerazioni più recenti di Francesco Paolo Valentini, riferimento storico e produttivo in Abruzzo come ben noto.

Una conversazione protrattasi spontaneamente verso la più urgente delle questioni: il cambiamento climatico che ci ha portato a un paradossale ribaltamento di vedute e posizioni rispetto a quanto conclamato fino ad oggi dai sostenitori del biologico e non solo: “è chi non fa trattamenti in una situazione climatica così complicata che rischia di danneggiare anche gli altri produttori di uve e vino oppure olio che siano”: esattamente al contrario di quanto si è letto negli ultimi anni; il claim è lo stesso, le posizioni sono invertite.

Tutto nasce dalla considerazione che Francesco Paolo a fronte di una recente intervista per La Repubblica per la quale gli si chiedeva il Trebbiano d’Abruzzo più rappresentativo, si è trovato costretto ad andare indietro fino all’annata 1978 e questo perché, mi spiega, “ormai non ci sono più le condizioni climatiche per arrivare a piena maturazione fenolica e lo si nota -ad esempio -osservando gli stessi vinaccioli che restano spesso verdi pur avendo provato ad attendere fino a novembre”. Per non parlare delle fitopatologie. Eppure, sottolinea che c’è chi ancora nega il cambiamento climatico in corso.

Ecco che allora chiedo come Valentini si stia adattando e Francesco Paolo mi risponde che naturalmente è impossibile contrastare il cambiamento climatico, l’unica cosa possibile è comunicare e allertare circa una condizione che non ha solo risvolti sull’agricoltura ma conseguenza molto più ampie come stiamo constatando, ancora una volta, proprio in queste settimane. In ogni caso la battaglia si gioca tutta in vigna: è una lotta al fine di avere la giusta maturazione fenolica di cui sopra anche perché, come sappiamo, Valentini in cantina interviene molto poco: nessuna filtrazione o controllo di temperature, fermentazioni spontanee. Mi confessa che una volta, col padre, si doveva fare attenzione affinché le temperature non scendessero troppo, oggi hanno esattamente il problema opposto.

A questo punto mi incuriosisce capire la sua posizione rispetto alla moda del vino cosiddetto “naturale” la quale si rivela molto chiara: “sono mode appunto” afferma. Sostiene che il vino non è un prodotto naturale; che il biologico, per come regolamentato oggi, rischia di essere una “trovata” pubblicitaria, il biodinamico rischia di precipitare quasi nell’ ”eno-esoterismo”. Si definisce, infatti, un artigiano intervenendo il meno possibile in cantina. Ma, afferma con convinzione, che con questa complessa situazione climatica, è necessario intervenire in vigna con i giusti trattamenti. Paradossalmente può essere più tossico un prodotto ottenuto senza alcun trattamento piuttosto che il contrario. Non solo, i produttori che vogliono fare i “naturali” rischiano di creare problemi anche agli altri causando la diffusione di patologie. Sottolinea che tutti questi approcci potevano funzionare in passato o in una situazione paradisiaca, non oggi quando ci si trova a fronteggiare una situazione così pericolosa.

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