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Sarebbe ridondante ripetersi sulla ricchezza di varietà della Campania oppure su qualità e popolarità che vanno man mano a consolidarsi, nonostante tanta strada ci sia ancora da percorrere. Mi soffermerei, invece, sulle potenzialità di invecchiamento dei bianchi campani e non solo del “solito noto”, il Fiano, che ne dà continua prova.

Con Miriade e Partners quest’anno ho collaborato dall’interno per il supporto alla gestione degli ospiti internazionali di Campania Stories (evento annuale di presentazione alla stampa dei vini campani), ritagliandomi un momento di approfondimento sui bianchi dell’annata 2007 condotta con delicata professionalità da Paolo De Cristofaro. Si è trattato di uno degli appuntamenti del programma dell’evento: “Retrospettiva Bianchi Campani 2007” aperto ad operatori, aziende e appassionati.

In estrema sintesi: a distanza di ben 10 anni, sono emerse espressioni di grande valore che – data l’inconsapevolezza di molti dei produttori a quel tempo – ci comunicano, ancor più schiettamente, il potenziale dei diversi territori (diversi per numero e varietà). Insomma, l’età ha dimostrato non solo doti di invecchiamento diffuse ma anche la capacità espressiva delle proprie origini che nei primi tempi rischia di restare incastrata tra le briglie di quella giovinezza irruente.

Dei 9 vini in degustazione mi colpiscono particolarmente questi:

  • Fattoria La Rivolta – Sannio Coda di Volpe 2007: si distingue subito mostrandosi perfettamente integro. Il frutto è vivo e si avverte ancora un leggero tocco floreale (tipico, in genere, della gioventù). Pieno al palato seppur non così complesso, come da varietà d’altronde. Una soffusa mineralità si accompagna ad una piacevolezza rassicurante ed un equilibrio sottile.
  • Casa Setaro – Vesuvio Lacryma Christi Bianco 2007: Immediatamente minerale. Poi una nota di agrumi canditi e crema pasticcera si intersecano su fondo balsamico. Mi aspetto materia e sale che trovo al palato insieme ad una consistenza setosa. Completa il quadro una piacevole nota ossidativa. Tostato sul finale.
  • Di Meo – Greco di Tufo Vittorio 2007: annata 2007 come tutti gli altri ma “giovane” sin dalla prima analisi visiva. La conferma arriva al naso con note di macchia mediterranea, pompelmo, pesca bianca. Non così espanso come da varietà che si esprime meglio in bocca con la potenza che lo fa spesso definire “un rosso travestito da bianco”. Bella freschezza, ottimo equilibrio.
  • Colli di Lapio – Fiano di Avellino 2007: una bottiglia sempre riconoscibile per varietà e firma, quella di Clelia Romano: un binomio che non ha mai avuto paura di sfidare il tempo ostentando eleganza, persistenza penetrante e nota tostata come da manuale. Ancora piacevolmente vivido ma anche glicerico.
  • Ciro Picariello – Fiano di Avellino 2007: bello il naso con frutto, erbe e una mineralità disegnata che si dispiega su note rocciose e si conferma al gusto, delicato, dove un vago fumè si presenta sul finale.

Non tutti i vini e tanto meno i bianchi, nascono per invecchiare né posso negare che alcuni di questi avrebbero dato il meglio qualche anno fa ma “esperimenti” come questo ci insegnano tanto, soprattutto ad evitare di cercare l’ultimissima annata ad ogni costo.

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