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  • Vino in lattina: qualche dato

Con buona pace degli amatori più tradizionalisti il vino in lattina pare non essere una moda passeggera, almeno negli USA.

In Italia, le confezioni “alternative” (lattina ma anche PET o tretrapack) sono state ammesse nel 1982. Aziende che hanno fatto o fanno vino in lattina in Italia ce ne sono a partire dalla Giacobazzi che con spirito lungimirante ci provava già dagli anni 70 e che riuscì a piazzare le proprie lattine in una trasmissione di Mike Buongiorno. Per citarne altri: Cavicchioli, Medici, Folonari, CIAO, Terlato, Stella, Mascareri, Mionetto, Presto, Donelli, Scarpetta. Non sono da meno i francesi i quali hanno ben pensato di presentarla in occasione di Vinexpo 2017 per sfruttarne il potenziale.

Se però i paesi più tradizionalisti restano scettici, quello del vino in lattina si può definire un vero e proprio fenomeno negli USA dove le vendite sono aumentate del 43% da giugno 2017 a giugno 2018. Ecco che risulta utile quella che pare essere la prima ricerca quantitativa sul fenomeno condotta da Robert Williams Jr., assistant professor di marketing alla Sigmund Weis School of Business della Susquehanna University in Pennsylvania, in collaborazione con i colleghi Helena Williams e Matthew Bauman della Texas Tech University. Si è trattato di uno studio basato su diversi approcci inclusi sondaggi volti a catturare le motivazioni e la percezione che i consumatori hanno del vino in lattina. In particolare sono stati intervistati 1000 soggetti (consumatori) di età compresa tra 21 e 88 anni di base prevalentemente negli USA. Uno studio che ha portato lo stesso Williams a concludere che: “il vino in lattina non è una moda passeggera e sta conquistando un posizionamento positivamente percepito”.

Barokes- Chardonnay, Cabernet Shiraz, Rosè e relativi premi

  • Vino in lattina: la ricerca

Ecco i risultati più importanti:

  • Questo trend è iniziato già nel 1936 quando nacque il primo vino in lattina che non decollò a causa di problemi con il rivestimento interno, problemi risolti nel 1996 grazie a Barokes (Australia) con un brevetto Vinsafe
  • Si tratta di una nuova e aggiuntiva categoria che può contribuire ad aumentare le vendite di un’azienda e non si pone come sostituto dei vini in bottiglia
  • Questi primi risultati, infatti, dimostrano che i tradizionali metodi di segmentazione usati nel mercato del vino non sono adatti al vino in lattina
  • Il 60% degli intervistati è a conoscenza dell’esistenza dei vini in lattina ma solo il 40% è in grado di ricordare un brand evidenziando che le aziende non hanno sufficientemente o efficacemente investito nella creazione di un’immagine che consentisse ai consumatori di ricordare il marchio
  • Le 5 motivazioni che stanno spingendo le vendite del vino in lattina sono:

– convenienza

–   allargamento delle opportunità di consumo di vino (quando si rende complicato trasporto o utilizzo del vetro);

– sostenibilità/ riduzione costi

– qualità

– immagine e brand

Un importante elemento da sottolineare è che non si tratta di vini di qualità inferiore; si pensi che Sans wine ha in commercio un vino in lattina da 375 ml prodotto nella nota Napa Valley (da Cabernet Sauvignon) venduto a 25$ e valutato 90 punti dalla prestigiosa rivista Wine Enthusiast.

Insomma, un fenomeno da non sottovalutare.

  • Vino in lattina: l’intervista

A tal fine ho intervistato Roberta Sergio che a Londra è titolare dell’azienda di distribuzione 100cl wine la quale sta avendo un grande successo con il brand “Quello”: vino frizzante in lattina apprezzato molto in Inghilterra e non solo.

Da più di 10 anni Roberta si è trasferita in Inghilterra dove ha importato vini italiani che potessero incontrare il palato inglese facendo leva su comunità, quella sviluppata con i produttori italiani con cui collabora e sostenibilità lavorando sin da subito con Bag-in Box. Mi racconta che nel 2016 pensa a qualcosa di nuovo, innovativo: un vino in lattina, “Quello” un vino frizzante prodotto da Trebbiano e Pagadebit prodotto in Emilia Romagna non gassificato (pastorizzato). Una scommessa coraggiosa che racconta lo stesso logo: una donna su un unicorno, un packaging che ha riscosso molto successo a sua volta.

quello – vino frizzante in lattina

  1. Roberta, come “Quello” è stato accolto a Londra e qual è la percezione del vino in lattina in Inghilterra?

Londra ma anche l’Inghilterra in generale sono aperte alle novità quindi devo ammettere di aver avuto un ottimo riscontro sin da subito. Ho presto attirato la curiosità della stampa e ho pensato, così, di partecipare a qualche concorso; “Quello” è stato anche premiato con la medaglia di bronzo all’IWC. Inizialmente ho sfruttato i miei clienti poi ho ampliato il mercato e creato un canale a sé per il vino in lattina che si è posizionato su una fascia più alta. Non si trova infatti al supermercato ma in enoteche e negozi specializzati.

  1. Qual è, invece, la tua esperienza in paesi più “tradizionalisti” come Italia e Francia?

Il paese più difficile è proprio l’Italia dove permane una visiona locale: vedi già la difficoltà di bere vini del Sud a Nord o trovare e apprezzare vini del Nuovo Mondo. Meglio la Francia dove il vino in lattina ha un suo spazio anche grazie all’utilizzo per i cocktail e alla comunicazione spinta da Campari in tal senso. In ogni caso è vero, ci sono meno opportunità nei Paesi produttori di vino, come anche la Spagna, quindi sono più concentrata su Paesi come ad esempio Olanda o Svizzera da cui sono stata contattata direttamente.

Secondo Roberta è un vino che rompe gli schemi, quelli del formalismo che ancora attanaglia questo mondo enoico.

È il vino dei single o la dose adatta alla preparazione di cocktail senza dover aprire una bottiglia; è anche il vino di festival ed eventi pubblici dove non è ammesso il vetro. Insomma, grazie anche alla spinta dei Millennials il vino in lattina sembra ritagliarsi la sua fetta di mercato indipendente e in crescita, facendo leva su sostenibilità, informalità e praticità.

Staremo a vedere.

Quello in lattina, pic nic

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