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Si ha troppa “paura” di parlare di soldi quando si tratta di vino, quasi come se andassero a sporcare un’immagine aulica. Niente di più sbagliato: è bene ricordarsi, ancora una volta, che il produttore di vino si assume rischi importanti di cui bisogna tener conto. Ecco perché scrivo di “coraggio di invecchiare” un vino anche quando, da disciplinare, si potrebbe tranquillamente immettere sul mercato. In questo caso il produttore innanzitutto non ha rientro “immediato” e diretto dei costi sostenuti per quella produzione e poi si assume letteralmente un rischio dato che con il passare del tempo non può avere la certezza del risultato o avere addirittura una perdita per cause di forza maggiore (pensiamo a contaminazioni, un incendio, un allagamento in cantina). Ancora di più nel caso di vini bianchi per i quali manca ancora la giusta cultura per capire che un vino di pochi mesi non è (quasi) mai pronto.

di meo – in irpinia, campania

In Campania esistono eccellenti e noti esempi di vitigni autoctoni a bacca bianca che hanno dato notevoli prove di invecchiamento come il Fiano o anche il Greco, tra i pochi autoctoni italiani su questo livello. Ma per farlo servono, oltre al coraggio, una visione territoriale che insieme avranno anche un cruciale impatto didattico.
Tra questi produttori illuminati due esempi su tutti che ho (ri)testato di recente: Di Meo e Tenuta Cavalier Pepe in Irpinia.

DI MEO

La visione dei fratelli Di Meo (Roberto e Generoso) va oltre la produzione di vino in sé per sé con un occhio particolare all’arte, una cantina in un ex tenuta di caccia che ti riporta indietro nel tempo e una speciale linea di vini chiamata “Tempo” e date le annate di ciascun vino capirete fsubito perchè, eccoli:

  • Vittorio (Greco di Tufo) 2007

Da uve provenienti da Montefusco, il vino prende il nome (Vittorio) dal padre dei fratelli Roberto, Generoso ed Erminia. Macera sulle bucce, affina almeno 36 mesi tra acciaio e bottiglia.

Rispetto ai colleghi prodotti da Fiano offre maggiori spinte di carattere ossidativo, mallo di noce, leggera nota tostata, agrume candito e un tocco si pesca sciroppata. Trama vellutata grazie ad una leggera macerazione e poi tensione quasi citrina che, come da sua natura, il Greco conserva col tempo.

  • Erminia Di Meo (Fiano di Avellino) 2003

Omaggio alla sorella scomparsa prematuramente. Sosta in acciaio per 8/10 anni per poi affinare in bottiglia per 3/5 anni.

Un vino sorprendente dal bouquet fine che punta su buccia di mela matura, erbe infuse, potpourri, marmellata di bergamotto e un ricordo di kerosene sul finale. Maturo ma ancora teso al gusto con una vaga traccia amarostica che rivitalizza un vino di questa età.

  • Colle dei Cerri (Fiano di Avellino) 2007

Un cru di Fiano proveniente dai vigneti di Salza Irpina. Anche questo macerato sulle bucce, fermenta e matura in barrique francesi prima di un affinamento in bottiglia di 3/5 anni.

Offre una stratificazione di sentori che spazia dal pepe bianco al sottobosco, dal frutto giallo maturo a una nota legnosa. Ancora tostato sul finale, vira sull’etereo nel retro nasale. Paradossalmente più maturo del precedente dato l’affinamento in legno. Sapido, più degli altri.

vigne Di Meo

TENUTA CAVALIER PEPE

Della Tenuta Cavalier Pepe ho già scritto qui ma di recente ho aperto una vecchia bottiglia che avevo in cantina di un ottimo Brancato (Fiano di Avellino) 2011. Le uve arrivano da un’altezza di 700 m s.l.m., il vino matura in legno e affina in bottiglia almeno 6 mesi (ma spesso molto di più).

In forma sorprendente, se ben conservato offre un grande equilibrio tra maturità e freschezza, rotondità e carattere. Un’ulteriore prova del mitico Fiano di Avellino.

brancato by tenuta cavalier pepe

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