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La mostra mercato del tartufo estivo a Gubbio è stato momento di approfondimento di particolare valore. Soprattutto considerando il peso identitario di tale prodotto, del tartufo in generale, se solo pensiamo che l’Italia è forse l’unico paese offrire l’opportunità di consumare tartufo tutto l’anno con rotazione delle diverse varietà, fatta eccezione per il periodo di riposo vegetativo che cade tendenzialmente in primavera, cambiamenti climatici permettendo. Così come per ricordarci che tutta Italia offre espressioni eccellenti in ogni angolo, ecco perché il lavoro dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo diviene centrale e ne è prova il recente riconoscimento della “Cerca e Cavatura del Tartufo” come bene immateriale UNESCO.

Ho incontrato, proprio in occasione della Mostra Mercato di giugno a Gubbio, la direttrice Brancadoro (in copertina) soddisfazione per uno traguardo del genere. Mi racconta che fanno parte dell’associazione, nata negli anni ‘90 con Gubbio come socio fondatore, 70 territori su 15 regioni. Questo riconoscimento consentirà probabilmente di carpirne meglio il fascino a partire dal fatto che solo alcune, poche varietà di nero, sono coltivabili e comunque resta un’operazione molto complessa e dai risultati incerti. Il resto è nelle mani di una sapienza spesso tramandata di generazione in generazione e che coinvolge, come sappiamo bene, il cane, protagonista fedele e centrale. Se ne intuisce facilmente il pregio, dunque, su cui Alba si è imposta come piazza più importante, data l’esperienza di ormai 90 anni, ma non per questo unica area di produzione di qualità e di veicolo territoriale anche perché dove c’è tartufo c’è un ambente incontaminato.

tartufo nero – michele mosca

Il danno culturale è quello inflitto dalla legge che consente l’uso di essenze chimiche in ristoranti e per la produzione di prodotti confezionati come oli e creme aromatizzate.
La battaglia è ancora aperta dunque e occasioni come le mostre mercato sono volte proprio ad avvicinarsi a quello che, tra l’altro, spesso è temuto come “prodotto inavvicinabile” e che di certo lo appare se i prezzi sono comunicati al kilo senza rendersi conto, innanzitutto del valore intrinseco di cui sopra, così come della ridotta quantità che realmente è richiesta per ogni singolo piatto.

Occasioni che consentono degli approfondimenti diretti e concreti anche grazie all’incontro con gli operatori territoriali, la loro passione, la fatica e il racconto. Tra questi non posso non citare Michele Mosca che, non a caso, sul logo, ha messo la sua faccia.

michele mosca

Michele trasmette fiducia e simpatia dalla prima stretta di mano, calorosa come il suo approccio e l’amore per la sua terra e il suo lavoro che lo hanno aiutato a superare le non poche difficoltà incontrate lungo il percorso. Il tempo gli ha dato ragione perché ha conquistato con qualità e savoir-faire una clientela affezionata e una fama come uno degli operatori più fidati.

Michele ha la sua azienda Delizie Tipiche Umbre a Gubbio, anche conosciuta come “città dei matti” dove “matto” sta per libero, sognatore, idealista appassionato e Michele si identifica pienamente in questa definizione. Ecco da dove nasce il nome “AmaroMatto”, il digestivo di Gubbio; delizioso.

Appuntamenti e produttori da non perdere.

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