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“Tutta l’Italia bicchiere alla mano” è il claim de La Banca del Vino di Pollenzo che con appuntamenti mirati ti accompagna in giro per lo stivale alla scoperta delle migliori produzioni di ciascun territorio.

Giovedì 22 febbraio, a Napoli, si è approfondito lo stile di un’azienda di riferimento per Gaiole e il Chianti Classico in generale, Badia a Coltibuono, con una degustazione di 6 calici (+1 a sorpresa) guidata da Adele Granieri e Alessandro Marra in compagnia del titolare Roberto Stucchi Prinetti presso il noto ristorante del Vomero, Sartù.

Roberto ci ha ricordato lo sviluppo tardivo della zona che solo negli anni ’60 si libera di vecchi sistemi come la mezzadria e si dedica al vigneto specializzato. Questo, insieme alla diffusione del vitigno principe di tutta la regione – il Sangiovese ovviamente – che viaggiando ovunque ha contaminato terre diverse con altrettanti cloni (è la varietà a bacca nera più diffusa in Italia e di cui non si conoscono bene le origini), alla diversificazione territoriale per altitudini e suoli (con minor o maggiore impatto del galestro o alberese), nonché alle nozioni più recenti (tra cui un’aderenza al biologico sempre più spinta, senz’altro dei medio-piccoli) complica la possibilità di un modello stilistico unico. La mano stessa del produttore giocherà un ruolo sempre piuttosto imponente.

E allora non possiamo fare altro che ascoltare i calici e il progetto di base del produttore.
Sette i vini in degustazione, appunto: due Chianti Classico (annate 2021 e 2016), tre Chianti Classico Riserva (2018, 2016, 2012), il Montebello 2016 (Toscana IGT, ) per chiudere con il Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice DOC 2008.

Badia a Coltibuono: la degustazione

Decisamente in cima alla mia lista si piazza il Chianti Classico Riserva 2018 per finezza e combinazione equilibristica tra succo e scheletro per un sorso scorrevole ma pur sempre sostenuto dalla giusta dose di materia seppur avvolgente; altrettanto intrigante in prospettiva la 2021 con naso penetrante e speziato ad annunciare un sorso coerente e integrato. Più concentrate e mature le espressioni del 2016 viste le temperature più calde che portano a vini più densamente fruttati; splendida la forma della 2012 più ombroso per colore degli aromi che spaziano dinamicamente tra diverse famiglie: tabacco, pepe, cuoio, fumo, amarena e chiodi di garofano. Il “Montebello” (2016) è un bellissimo gioco che dà spazio ai cosiddetti vitigni complementari, quelli che nel Chianti Classico di cui sopra partecipano per un totale del 10% a saldo del Sangiovese e che, per questo vino, sono invece vinificati separatamente per un blend a tutto tondo più consistente e “moderno” visto l’uso di botti piccole insieme alle grandi già preferite per i Chianti Classico, benché usate, per un sorso avvolgente e goloso (uve: Mammolo, Ciliegiolo, Pugnitello , Colorino, Sanforte, Malvasia Nera, Canaiolo e Foglia Tonda, Sangiovese).

vin santo del chianti classico occhio di pernice

Inutile soffermarsi sulla complessità del Vin Santo Occhio di Pernice con note eteree di smalto e le ossidazioni più spinte di caramello, toffee e polvere di caffè per un sorso godurioso ma equilibrato anche dal finale sapido per gli abbinamenti più disparati.

Una realtà di estremo fascino anche per la splendida offerta enoturistica che attrae un pubblico sempre più ampio e variegato.

 

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