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La frittura all’italiana è nota, direttamente e indirettamente, in tutto il mondo.

Dalla frittura di pesce (gamberi, calamari e così via) alle patatine, dalle verdure agli arancini (o arancine), dalle olive ascolane alla mozzarella in carrozza. Sarebbe bello tracciare la mappa dei nostri fritti per ciascuna regione, ma non divaghiamo.

Tuttavia è difficile che sui nostri menù si legga una dicitura diversa da “fritto” o “frittura”, cosa che invece ci capita all’estero. Io l’ho imparato provando i diversi piatti ma finalmente ho trovato le immagini e una spiegazione chiara e sintetica con tanto di foto. La condivido con piacere.

 

  • PAN FRY: significa cuocere in una quantità minima di olio, tale da lubrificare appena la pentola. Il cibo viene scottato su uno o entrambi i lati.
  • SHALLOW FRY: la quantità di olio è tale da coprire solo parzialmente il cibo, in questo caso è necessario girare i pezzi. Questo metodo ci consente di avere maggiore controllo sul grado di cottura.
  • STIR FRY: la quantità di olio è ancora minima e in genere si utilizza la nota “wok” (ormai disponibile anche all’ikea), il cibo in questo caso è mescolato continuamente; una cottura che spesso consente di cuocere velocemente.
  • DEEP FRY: forse la tecnica a cui siamo più abituati: il cibo viene completamente immerso nell’olio; è il caso delle amate patate fritte; in questo caso è importante controllare la temperatura dell’olio che altrimenti può nuocere alla salute, ecco perché alcuni tipi di olio sono preferiti ad altri ma questa è un’altra storia.

 

Da portare dietro quando si viaggia (specie in Oriente).

Alla prossima!

Fonte: cheenachatti.com

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