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La sigla MW (Master of Wine) esprime già tanto circa la competenza di un esperto di vini: trattandosi del titolo più prestigioso di cui solo poche centinaia di persone al mondo se ne possono vantare.

Io ho il piacere di incontrare Tim Atkin al concorso londinese IWC (International Wine Challenge) di cui scrivo regolarmente e di cui ho pubblicato i risultati recentemente. (leggi di più su di lui qui: Tim Atkin MW).

Nell’ultima occasione ho approfittato per scambiare con lui 2 parole e chiedere alcune impressioni come esperto internazionale nonchè uno dei soli 5 “presidenti” di giuria a cui spetta l’ultima parola su vini premiati o esclusi dallo storico concorso a Londra.

 

Perchè l’IWC e i suoi risultati hanno una tale rilevanza, Tim?

Innanzitutto l’atmosfera rilassata e gioiosa che consente ai giudici obiettività nonchè di avere uno scambio vivo. A questo si aggiunge il fatto che i vini vengono degustati più volte e da giudici diversi per avere massima certezza e poi, certo, la qualità dei giudici stessi!

(*leggi qui il funzionamento del concorso)

Cosa pensi dell’Italia e dei suoi risultati in questi anni?

Lo sappiamo, l’Italia è speciale per quantità di vitigni autoctoni. In Italia si dovrebbe puntare tutto su questo aspetto che la rende “exciting” (emozionante)! Un potenziale enorme ma non ancora del tutto espresso.

Quale credi che siano gli ostacoli a questo?

Una cattiva comunicazione dovuta sia ad un debole supporto delle istituzioni ma spesso anche all’individualismo dei produttori. Pensiamo alle Anteprime Toscane, in alcuni casi mancano proprio le aziende più grandi che -invece- dovrebbero fare da traino.

Tanta diversità può causare confusione per i consumatori, ad esempio sui mercati esteri?

La ricchezza dell’Italia è un’opportunità grandissima più che un limite appunto legato al fatto che troppa varietà e troppi nomi/denominazioni potrebbero causare confusione! Ma è esattamente questo il ruolo della comunicazione!

 

Grazie Tim, alla prossima edizione!

 

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